Arrivo al Ligera alle nove e mezza passate. Non c'è molta gente e ci rimango un po' male, perché ultimamente le serate live in quel di Via Padova portavano un casino di persone.
Un po' più tardi sale sul palco la prima, giovanissima band: i Red Roosters. I quattro ragazzi ci propongono nient'altro che l'essenza nuda e cruda del rock. Non per altro si ispirano ai gruppi storici degli anni 60 e 70. Sembrano un pochino spenti, mi ricordo di averli visti più carichi. Comunque dopo qualche pezzo si scaldano e riescono a trasmettere con entusiasmo quella sana passione per il rock che li accomuna e li stimola, e finalmente traspare dagli strumenti e dalla voce del cantante una carica maggiore. Sicuramente il fatto che il locale non è pieno non li ha aiutati molto.
Fortunatamente quando finiscono di suonare, corro fuori a fumare una sigaretta e mi accorgo che la serata sta prendendo una piega diversa: il Ligera si sta riempiendo piano piano, la gente arriva ad ondate. Sarà che i secondi in scaletta si chiamano Pocket Chestnut? Si, sicuramente. Non puoi sbagliarti nel riconoscerli, perché ad ogni loro concerto spuntano sul palco oggetti di ogni tipo, musicali e non: un fiore rosso attaccato al microfono, una pannocchia di plastica, una rana di gomma, qualche altro oggetto (al quale non so dare dei nomi precisi!) che produce un suono particolare. I testi sono originali, ma la cosa che colpisce di più è l'insolita e incredibile energia, mista a malinconia, che si sprigiona tramite la voce e la gestualità del cantante. Canta la metà dei pezzi ad occhi chiusi, con una voce concitata ed emozionata. Si vede proprio che “se la sente dentro” la musica. Il loro album d'esordio si chiama “Bedroom rock 'n' roll” e l'atmosfera che riescono a ricreare dal vivo è proprio questa; una sorta di rock/folk che ti cattura e ti trasporta, ma che allo stesso tempo ti fa venir voglia di sederti beato e tranquillo in un angolino, magari su una poltrona morbida, e lasciarti cullare.
Poi il Ligera, ormai finalmente pieno come da copione, si prepara per un grande ritorno, quello dei Nostalgics. Li avevamo lasciati qualche mese fa, carichi come non mai, ma nel frattempo si sono dati da fare registrando il loro primo EP “Time is a Luxury”. Si dimostrano maturi, preparati ed ordinati. La presenza di una donna, la bassista, con i suoi cori leggeri e angelici, contribuisce moltissimo a rendere i Nostalgics una band perfetta dal punto di vista stilistico e armonico. I loro pezzi sono freschi e leggeri, caratterizzati da motivetti e ritornelli efficaci, capaci di farti battere i piedi a ritmo di musica. Dal vivo i quattro nostalgici non propongono cose eccezionali, si limitano ad eseguire le loro canzoni senza particolari intro o fronzoli vari, ma non si potrebbe chiedere nulla di più ad una band che è capace di regalare attimi così magici e sofisticati in maniera così semplice e diretta.
Il clima che le due band centrali avevano creato fin'ora viene spaccato dall'ultimo gruppo chiamato ad intrattenere il pubblico questa sera al Ligera, I Giobia. E' il momento di lasciare di nuovo spazio a sonorità più rudi e psichedeliche. I quattro Milanesi trasmettono energia, sono forti e aggressivi. Sembrano un fiume in piena pronto a esondare gli argini. Ascoltandoli dal vivo per la prima volta mi sembra di capire che il loro è un lavoro maggiormente strumentale; la loro musica è una specie di illusione acustica che riporta le orecchie degli ascoltatori a tempi un po' lontani, ricreando perfettamente l'ambiente 60's garage. Sicuramente c'è da dedicare ai Giobia un ascolto approfondito del loro secondo album “Hard Stories” che promette un viaggio a metà strada tra la lucidità e l'allucinazione.
Alla fine dei live, come al solito, c'è sempre qualcuno che ballicchia e canticchia vicino alla consolle dei Djs sorseggiando gli ultimi sorsi di birra, e mentre i musicisti finiscono di sistemare le cose si saluta tutti e si vola a casa, o magari a mangiarsi un panino con la salamella.
Recensione di Arianna
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