venerdì 12 novembre 2010

Recensione Carl Barât @ Tunnel (Mi) – 10 Novembre 2010


I Libertines sono i Libertines, su quello non si discute e dopo averne visto la reunion “tutto il resto è noia” dico e direbbe anche il Califfo se non avesse altro a cui pensare (e se li conoscesse). Non ci sono Babyshambles (seppur validi) o Dirty Pretty Things (trascinanti ma un po’ troppo legati al suono Libertines) che tengano. C’è l’apprezzato progetto solista di Pete, “Peter Doherty” e adesso anche il fratello maggiore Carl con l’omonino “Carl Barât” esordisce col suo lavoro che si discosta e non poco da Pete.
Dal vivo Carl è sempre un piacere vederlo, col suo volto da attore consumato, l’aria da francese ribelle, bandana al polso e giacca di pelle.
Supportato da un’altra chitarra, piano, contrabbasso, violoncello e batteria inizia con “Je Regrette Je Regrette” e si capisce subito l’andamento delle sonorità, molto orchestrali, pompose quasi barocche. “Run with the Boys” ci porta a velocità e chitarre più “libertine” ma con fare baldanzoso e mai incontrollato. Com’era facile immaginare con la cover “The Man Would Be King” il pubblico si scatena mentre “Carve My Name” placa subito gli animi con un’impronta retrò quasi noir e l’uscita finale del pezzo come a narrare il finale di un film. “She’s Something” la più acustica dell’album è ritmata, calda e rassicurante come la voce di Carl. Fra una sigaretta e l’altra offertagli dal pubblico alterna sia pezzi dei suoi Dirty Pretty Things (“Deadwood” e “Bang Bang You’re Dead”) a perle dei Libertines “Up The Bracket” e “Death on The Stairs”. Il tutto inframezzato da altri brani del suo lavoro come ad esempio “So Long My Lover” dove l’intro pesca a piene mani nel dark cabaret dei Dresden Dolls finendo su un pop sfarzoso dove il genitore che salta all’orecchio è Neil Hannon dei Divine Comedy, ma non caso alla fiabesca, patinata e infine teatrale “The Fall” partecipa anche lui nel disco.
Dopo altri brani si arriva a conclusione con “Don’t Look Back Into the Sun” nel delirio che suscita al pubblico più che mai partecipe.
Carl in Italia anche da solo piace sempre, riesce a coinvolgere mescolando in dosi perfette le canzoni della sua carriera musicale e in quest’ultimo suo lavoro ha rivelato la sua anima più che mai elegantemente romantica.
Però solo uniti sullo stesso palco Pete e Carl possono rendere al massimo, ognuno croce e delizia dell’altro ed assieme con Gary e John potersi chiamare The Libertines e anche su questo c’è poco da discutere, anzi nulla.



Live report & foto di Nicholas

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